IL TEATRO “MARRUCINO” DI CHIETI – LA STORIA

 

 

 

 
 

Il Teatro a Chieti prima dell’ottocento

 

II teatro fu un luogo di diffusione culturale, particolarmente durante l’epoca romana. Basti ricordare che in quei tempi in Italia ne vennero edificati circa 150 di cui il 40% nel Lazio, in Campania, in Abruzzo e nel Molise. E particolarmente, secondo la divisione augustea delle province romane, nella Regio I (Latium e Campania) sarebbero esistiti circa 44 teatri, mentre nella Regio IV (Sabina e Samnium) circa 18. Ciò fa desumere che le attività teatrali in Abruzzo dovevano essere particolarmente intense e numerose. Non a caso a Teate esistevano un teatro ed un anfiteatro, ambedue particolarmente capienti, come è facile constatare dai reperti giunti fino ai nostri giorni.

Questo lascia intendere che la nostra popolazione aveva raggiunto un tal grado di civiltà da ritenere il teatro un elemento essenziale della propria vita sociale. Ma con le invasioni barbariche iniziò il processo di decadenza.
Durante tutto il Medioevo l’edifìcio teatrale è assente, in quanto gli spettacoli venivano rappresentati nelle piazze, nelle chiese, nelle sale dei palazzi: in luoghi, cioè, non propriamente deputati allo spettacolo.
Dall’esperienza acquisita durante il Medioevo dai teatranti, che si erano dovuti adattare a qualunque tipo di spazio per poter fare le loro rappresentazioni, e dal rifiorito amore degli umanisti per l’edificio teatrale antico, nasce il teatro cinquecentesco che racchiude in sé elementi dell’uno e dell’altro: dopo di che, nel sec. XVIII, si giunge finalmente ai primi esempi di edificio teatrale moderno: all’Aquila e a Chieti sorgono i primi teatri d’Abruzzo.
Da una serie di documenti risulta che alla fine del XVIII secolo nella nostra città sorge un primo teatro sito nella piazzetta dietro l’attuale sede della Cassa di Risparmio, che, non a caso, è denominata tuttora “Larghetto Teatro Vecchio”.
La struttura comprendeva 3 ordini di palchi, una platea e, probabilmente un loggione, per complessivi circa 200 posti.
Ma a Chieti non esisteva solo il detto Teatro.
Infatti l’aquilano Giuseppe Giampaola, appassionato di teatro e responsabile dell’Ente Teatrale Italiano, ci dà notizia dell'apertura di una nuova sala teatrale da parte di un cittadino di Penne, mentre “un imprenditore locale completava la costruzione di un altro teatro in quella stessa città di Chieti”.  Ciò dimostra che i teatini accorrevano talmente numerosi alle rappresentazioni drammatiche da far diventare l’attività teatrale una sicura fonte di lucro.

 

La costruzione del “Real Teatro San Ferdinando”


Agli inizi del XIX secolo, quando le province italiane cominciarono ad avvertire l’esigenza di avere spazi teatrali e presero a costruirli secondo alcuni schemi che ancora oggi risultano i più validi, Chieti volle dotarsi di un proprio importante teatro destinato a soppiantare quello privato sito in Largo Teatro Vecchio di cui oggi non resta che la sola facciata. Sensibile alle mutate esigenze di una popolazione che con sempre più entusiasmo si avvicinava alle varie forme di spettacolo, in soli quattro anni, dal 1813 al dicembre del 1817, la municipalità costruì, su progetto del teramano Eugenio Michitelli, sulle mura perimetrali della Chiesa sconsacrata di S. Stefano e S. Ignazio, il suo nuovo teatro che intitolò a S. Ferdinando, quale omaggio a Ferdinando I di Borbone, Re di Napoli e delle Due Sicilie.
Da notizie tramandate oralmente, anche se non suffragate da documentazione, risulta che la sera dell'11 gennaio 1818 sarebbero state le stupende musiche della “Cenerentola” di Rossini a dare il via al luminoso cammino del “Real Teatro S. Ferdinando”.
Nel 1851 la struttura corse il pericolo di essere abbattuta. Infatti l’Arcivescovo di Chieti Mons. Giosuè Maria Saggese, in base alle disposizioni di legge in materia di restituzione dei beni ecclesiastici, rivendicò la proprietà della vecchia Chiesa di S. Ignazio sulla quale era stato edificato il S. Ferdinando.
Tutti i cittadini più influenti della città si mobilitarono per ottenere la sospensione all’ordine di demolizione dato dall’Intendente del tempo, Biagiantonio Mandarini, e riuscirono ad evitare il peggio.

 

Dal “Real Teatro San Ferdinando” al “Teatro Marrucino”

Nel giugno del 1861, dopo l’Unità d’Italia, il suo nome venne mutato in “Teatro Marrucino”, in ricordo di una popolazione italica che nell’antichità aveva abitato il territorio del quale Teate era stata la capitale. A dieci anni da questo evento, il Consiglio Comunale, per adeguare il centro di Chieti all’idea di grandezza propria di un capoluogo di provincia e per fargli conquistare “un posto tra le città intellettuali d’Italia”, previde, tra le spese ordinarie da sostenere nel 1872, una somma per i restauri da effettuare nel Teatro. L’incarico venne affidato all’ingegnere Luigi Daretti di Ancona il quale, come prima cosa decise di realizzare un quinto ordine di palchi (il loggione) e la scala d’accesso autonoma alla balconata per non passare per quelle interne. Dopo aver attentamente esaminato il progetto di Daretti, la Commissione (composta da cinque elementi nominati dal Consiglio per affidare l’incarico dell’esecuzione dei lavori) si accorse che l’aggiunta del loggione, senza modificare le forme e le dimensioni del teatro, avrebbe reso irregolari le sue proporzioni, e quindi si decise di dare una nuova forma alla platea. Il compito di realizzare quest’idea venne affidato agli architetti Giovanni Vecchi ed Enrico Santuccione.
Il nuovo progetto diede alla sala una forma migliore, rendendola semicircolare, ed ebbe il vantaggio, oltre alla realizzazione di un IV ordine di palchi, di ottenere l’aumento di due palchi per ciascun ordine, sì che il Marrucino disponeva di 14 palchi di 1° ordine, oltre a 2 di proscenio; 15 palchi, più 2 di proscenio per il 2° e 3° ordine; 15 palchi di 4° ordine. Nel loggione trovavano posto 120 persone ed in platea 166 spettatori.
Nel 1874 venne contattato il prof. Luigi Samoggia per le opere di decorazione. Il soffitto della sala ha nel centro un grande rosone ligneo, funzionante anche come aspiratore per i fori in esso esistenti, con dipinta una ghirlanda di fiori. L’intera circonferenza è divisa in otto settori intramezzati alla base da medaglioni circolari. In ogni settore è dipinta una figura femminile allegorica relativa alla musica o al teatro. I medaglioni, su fondo dorato, riproducono i profili di Goldoni, Pergolesi, Shakespeare, Goethe, Paisiello, Alfieri, Rossini e Verdi.
Condotti a termine i lavori di costruzione e di decorazione ai quali contribuirono validamente il Samoggia, il Busi, il Malagodi, il Buranelli e tanti altri che vi profuso la loro perizia tecnica, nel 1875 si pensò di arricchire il Marrucino con un sontuoso sipario.
L’incarico venne affidato al pittore napoletano Giovanni Ponticelli. Il soggetto dell’opera: “II trionfo sui Dalmati Partini di Asinio Pollione” fu suggerito all’artista dall’Amministrazione Comunale. Poiché la storia dei Marrucini non presentava nessuna impresa di rilievo, si pensò di volgere lo sguardo verso un personaggio illustre della città e nessuno lo era più di Caio Asinio Pollione.
Prima di essere trasferito a Chieti, il sipario venne esposto per alcuni giorni a Napoli. Entusiastici i commenti di quanti si recarono ad ammirarlo. In particolare furono lodati “la correttezza e l’energia del disegno, l’armonia e la vivacità del colore, la sapiente distribuzione della luce e delle ombre che crea le distanze, che rileva e scolpisce i contorni, che anima e realizza le finzioni del pennello e della tavolozza” (“II Piccolo” di Napoli - 7/7/1875).
Il Lauria, nel suo opuscolo intitolato “Caio Asinio Pollione e il suo trionfo”, ci offre una descrizione dettagliata dell’opera: “Tutta questa tela di ben 1500 palmi, larga e lunga per 36 può ben dividersi in due distinte parti, lo spettacolo e gli spettatori. Abbraccia la prima il carro trionfale col trionfatore, i sacerdoti, i senatori, i littori e i prigionieri sugli elefanti; stanno nella seconda più che 300 figure di popolo plaudente, una parte sui portici di una elevata basilica, la massima intorno e dietro il carro trionfale ....”.
Altro fiore all’occhiello del Marrucino sono i due paggi in terracotta dello scultore Costantino Barbella (Chieti, 1852 - Roma, 1925), amico di Gabriele D’Annunzio. Le due sculture di grandezza naturale adornano la porta d’ingresso alla platea e agli ordini di palchi e probabilmente in origine dovevano reggere dei lumi. Dopo essere stati squisitamente modellati, i paggi dovettero essere segati a pezzi per essere cotti nelle fornaci disponibili nella zona e nelle quali non sarebbero entrati interi. Si dice che una delle gambe dei due giovani contenga una lettera rivolta ai posteri.
Da un punto di vista burocratico, la vita del nuovo teatro non fu certo facile per le tante vertenze che lo interessarono, ma fortunatamente queste non limitarono o condizionarono il suo cammino culturale, forse anche perché il Comune ebbe la saggezza di istituire subito una Deputazione teatrale che ne doveva curare gli interessi e l’organizzazione sotto tutti gli aspetti, chiamando a farne parte i personaggi di Chieti più rappresentativi.
Se potessimo attingere più in dettaglio dal ponderoso studio del compianto Mario Zuccarini, giornalista di Chieti, per ventiquattro anni Sovrintendente al Teatro, integrato egregiamente dal lavoro di ricerca su documenti dell’epoca del Prof. Antonio lezzi, autore di una interessante pubblicazione edita da eDiCola nel 1997: “Dal Real Teatro S. Ferdinando al Teatro Marrucino” (dai quali sono state attinte le notizie riportate in questo opuscolo), offriremmo un quadro più completo di quanto il Marrucino (e prima di esso il “S. Ferdinando”) seppe proporre ad un pubblico sempre più appassionato ed esigente. Non potendo però ripercorrere in dettaglio la storia, ci limitiamo a ricordare che sulle tavole del grande palcoscenico si avvicendarono artisti del calibro di Eleonora Duse, Emma ed Irma Gramatica, Cesco Baseggio, Nicola Rossi Lemeni, Nanda Primavera, per citarne alcuni.
Tra i numerosi e significativi episodi che hanno arricchito la storia del nostro Teatro, merita una particolare menzione la “prima abruzzese” de “La Figlia di Iorio” che Gabriele D’Annunzio volle fosse portata sulle scene del Marrucino il 23 giugno del 1904, in onore della città di Chieti che gli conferì la cittadinanza onoraria.
 

Le ristrutturazioni del 1972 e del 1983

Il Teatro di Chieti mantenne alta la sua tradizione fino alla seconda guerra mondiale, epoca nella quale iniziò il declino che portò alla sua chiusura definitiva avvenuta verso il 1950.
Non si era spento, però, il desiderio dei cittadini che auspicavano la riapertura del Marrucino. Le pratiche per avviare i lavori di restauro furono lunghe e faticose, ma nella seduta del Consiglio comunale del 24 novembre 1965 il progetto dell’Arch. Renzo Mancini e dell’Ing. Nicola Battaglini venne approvato all’unanimità.
La sera dell’11 dicembre 1972 spettò all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma, diretta dal M° Pierluigi Urbini, l’onore di dare il via alla nuova attività del Marrucino con la celebre ouverture della Cenerentola di Rossini. La ristrutturazione interessò il tetto e le grosse strutture di muratura, gli impianti elettrici e di riscaldamento, le uscite di sicurezza.
I palchetti, pur conservando la struttura lignea, sono stati rinforzati con solaietti in laterizio armato, sì da garantire la massima solidità. Sono stati ridisegnati i globi della scala, conservando gli antichi bracci esistenti, fatti costruire da valenti artigiani di Murano. Nel centro della volta è stato inserito il grande lampadario (alto 3 merti e con un diametro di 5 metri). E’ stato inoltre costruito, utilizzando il porticato esterno, il nuovo foyer (circa 180 metri) ove è stato sistemato il bar del Teatro.
Nel 1983 nuovi lavori di ristrutturazione hanno interessato il Marrucino, ma prevalentemente per rendere l’impiantistica conforme alla nuova legislazione. Sono state inoltre sostituite le moquettes e le carte da parati.
 

Il Marrucino, Teatro Lirico d'Abruzzo dal 2001

Dal 1818, anno della sua inaugurazione, il Marrucino ha sempre avuto un cartellone lirico considerato punto di riferimento per tutto l'Abruzzo e non solo. Ben 190 opere sono state rappresentate al Marrucino e più di mille le serate dedicate ad opere liriche. Il riconoscimento di Teatro Lirico d'Abruzzo tributato dalla Regione al Marrucino nell'agosto 2001, con L.R. n°40/2000 della Regione Abruzzo oltre a premiare il serio lavoro e la perfetta organizzazione teatrale della città di Chieti, avvicina questa prestigiosa Istituzione alla realizzazione del suo sogno più ambizioso che la vuole designata Teatro di Tradizione. Il Marrucino ha acquisito questo secondo titolo nel 2003 anche e soprattutto perché ha sempre occupato un posto di tutto rispetto nel panorama dei teatri lirici italiani. Lo dimostrano le numerose rappresentazioni e i famosi interpreti che si avvicendarono sul palcoscenico del Marrucino fin dai primi anni della sua apertura. Sarebbe impossibile enumerare tutti gli eventi straordinari che hanno lasciato traccia indelebile nel tempo; ricordiamo, fra i più interessanti, la rappresentazione dell'opera "Adriana Lecouvreur" del 1903 alla presenza del suo compositore, il musicista Francesco Cilea; lo strepitoso successo ottenuto dalla rappresentazione è minuziosamente riportato sui quotidiani dell'epoca.
 

Il Marrucino, Teatro di Tradizione dal 2003

I Teatri di Tradizione, disciplinati dalla legge n° 800/1967 e dal decreto ministeriale 21 dicembre 2005 che definisce i criteri e le modalità di erogazione dei contributi in favore delle attività musicali, presentano la caratteristica comune di un radicamento in aree del territorio dove è forte una tradizione artistico-culturale.
Sono 27, distribuiti in 12 Regioni. Il Teatro Marrucino di Chieti, come Teatro Lirico d'Abruzzo, Il Luglio Trapanese, il Fraschini di Pavia e l'Opera Giocosa di Savona sono gli ultimi teatri di Tradizione ad essere stati riconosciuti con decreto ministeriale del 26 novembre 2003. I teatri di tradizione sono istituzioni fortemente radicate nel territorio e si qualificano a livello nazionale per una produzione lirica di grande prestigio e di elevata qualità artistica del tutto comparabile a quella delle fondazioni lirico-sinfoniche. Per legge sono investiti del compito di promuovere, agevolare e coordinare attività musicali che si svolgono nel territorio delle rispettive Province.
I Teatri di Tradizione si qualificano per la continuità dell'attività di produzione lirica e svolgono un ruolo importante per la tutela della tradizione storica e musicale, per la valorizzazione di linguaggi musicali innovativi e per la promozione di giovani artisti.
 

L'Orchestra ed il Coro del Teatro Marrucino

 
L'Orchestra e il Coro del Teatro Marrucino di Chieti nascono, sotto forma di Laboratori di Formazione Orchestrale e Corale, nel 1997 già sotto la prestigiosa direzione artistica del M° Sergio Rendine e la Presidenza Onoraria del M° Gianluigi Gelmetti. Le compagini orchestrale e corale si sono esibite sotto la direzione di musicisti di fama internazionale quali Riccardo Muti, Gianluigi Gelmetti, Massimo de Bernart, Franco Mannino, Piero Bellugi, Marzio Conti, Fabrizio Carminati, Claudio Desderi e con solisti di caratura mondiale come Michele Campanella, Monica Bacelli, Cecilia Gasdia, Josè Carreras, Raina Kabaiwanska, Luis Bacalov, Pavel Barman, Mischa Maisky.
Sono entrambi stati protagonisti, dal 1998 al 2010, di tutte le opere liriche allestite dal Teatro Marrucino; sono stati inoltre impegnati nelle esecuzioni della "Missa di Beatificazione in onore di Padre Pio da Pietrelcina" (Sala Nervi - Città del Vaticano) e la "Passio et Resurrectio" di Sergio Rendine entrambe in prima esecuzione mondiale e trasmesse in diretta televisiva in mondo visione, nella prima assoluta dell'opera "Pasqua Fiorentina" di Isidoro Capitanio al Teatro Grande di Brescia, nelle tournèes a Gerusalemme e Betlemme, in Belgio e nel Principato di Andorra e nell'incisione della "Passio et Resurrectio" di Sergio Rendine, del "Turco in Italia" di Gioacchino Rossini, de "La Figlia del Reggimento" di Gaetano Donizetti e de "Il Matrimonio Segreto" di Domenico Cimarosa per la prestigiosa casa discografica internazionale Naxos.
 

 

ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO MARRUCINO DI CHIETI

Direttore del Coro - M° Fabio D'Orazio

Ispettore dell'Orchestra - M° Edoardo Romano

Coordinatore dei Maestri sostituti - M° Simone Di Felice

 

N.B. : L'Orchestra del Teatro Marrucino è nata nel 1997 e ha svolto attività lirico-sinfonica

fino al 2010. Dal 2011 continua a  svolgere l’attività il Coro del Teatro Marrucino.

Il Direttore Artistico è il Maestro Fabio D’Orazio che continua anche a dirigerne il Coro.

IL MARRUCINO, TEATRO DI TRADIZIONE DAL 2003

L'ORCHESTRA E IL CORO DEL TEATRO MARRUCINO

PRODUZIONI DISCOGRAFICHE DEI COMPLESSI DEL TEATRO MARRUCINO

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