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Auschwitz....

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Tutti noi fratelli ci tendiam le mani l’un l’altro
attraverso le correnti dell’oceano e attraverso quelle del tempo:
alcuni di noi errano per il sonno di chi è perfettamente sveglio.
Alcuni di noi errano dalla nascita alla morte o dalla morte fino alla ri-nascita;
tutti noi sia che siamo alle prese con una lotta,
prosciugati dal vigore, o che abbiamo ottenuto una vittoria tendiamo le nostre mani.
 
Da quando l’arpa sacra di Elohim venne fatta tacere,
da quando la notte plumbea ci separò dal reame della luce,
da quando trovammo la prigione nel nostro essere:
molte sono le prove a cui siamo stati sottoposti, e appassiamo indeboliti da queste,

così che possiamo a fatica sbocciar di nuovo.

 
Malati e muti, ciechi e sordi, è stata la nostra sorte di resistere
a quel che nessun uomo ha mai ancor sperimentato.
 
E la sofferenza ci ha inghirlandato d’un’alienata ghirlanda di spine,
eppure suoniamo pizzicando l’arpa e cantiamo ad Elohim –
Quando il Suo canto si fece silenzioso, il nostro risuonò nuovamente.
 
Nulla accade nel mondo da adesso in avanti che non abbiam fatto
ed Egli ascolta le nostri azioni e vede i nostri canti.
 
(da “Lo strano passeggero”, Praga, 1938-41- Un diario in versi di Viktor Ullmann)
 
Traduzione a cura di Mattia Peli

 

"Ma quando il cancello si è chiuso e i fili spinati sono oltrepassati, si è nell’abisso. La gente laggiù ha gli occhi dilatati e opachi, secchi ed ostili. Chi entra attende che il tempo passi e che i propri occhi diventino inespressivi e torvi o che si chiudano per la stanchezza e per l’orrore"
Giuliana Tedeschi, C’è un punto della terra…, p. 11, Casa ed. Giuntina.

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